Abbiamo parlato nei post precedenti, dedicati a come prende vita la birra, dell’alta e della bassa fermentazione. C’è, però, un altro metodo, quello se vogliamo più affascinante, che non prevede l’aggiunta di lievito da parte dei produttori e che, per questo motivo, prende il nome di fermentazione spontanea. La zona di produzione è tipica del Belgio e, in particolare di una regione, il Pajottenland; è qui, infatti, che sono localizzati i particolari lieviti che agiscono, in modo spontaneo sul processo di fermentazione della birra.
Il mosto, in questo caso, viene fatto fermentare liberamente in enormi vasche poco profonde, che si sviluppano in senso orizzontale, posizionate all’aria aperta. Questo per favorire al massimo l’impatto della superficie a contatto con l’aria. I lieviti, naturalmente presenti in atmosfera, una volta venuti a contatto con il mosto, si moltiplicano, attaccano gli zuccheri e li trasformano in alcol. In seguito il mosto viene trasferito in botti di castagno, o di rovere, dove viene lasciato a fermentare. Il periodo più indicato per produrre questa tipologia di birra va da ottobre ad aprile, quando i lieviti presenti nell’aria non sono particolarmente aggressivi, come nei mesi più caldi, e questo al fine di non compromettere la qualità del prodotto finito. La birra così ottenuta può essere consumata l’estate successiva, oppure lasciata invecchiare anche fino a tre anni.
Il risultato sono 4 tipologie di birre, tutte molto particolari; la più nota è sicuramente la Lambic, birra che prende il nome da un particolare tipo di lievito, il B. Lambicus, prodotta con malto d’orzo, frumento non maltato e luppolo vecchio di 2/3 anni. Molti la definiscono “l’anello mancante tra vino e birra” ed effettivamente è davvero così, visto la particolare del gusto e dei suoi aromi.
Tra le altre tipologie di birre a fermentazione spontanea ritroviamo la Gueuze, miscela di lambic giovane, con zuccheri fermentabili e lambic vecchio, la cui fermentazione continua in bottiglia. È anche definita lo champagne del Belgio, non solo perché è imbottigliata nelle tipiche bottiglie di champagne, ma anche per la schiuma e il sapore secco tipiche di questa bevanda. Anche le birre fruttate rientrano in questa categoria: la Kriek prodotta con l’aggiunta di ciliegie complete di nocciolo, che conferiscono un sentore di legno e mandorla, la Framboise prodotta con l’aggiunta di lamponi, più secca e acida e altre birre fruttate, realizzate con acini d’uva e pesca. L’ultima birra a fermentazione spontanea è la Faro, decisamente poco nota e quasi scomparsa. Questa birra viene prodotta con l’aggiunta di zucchero candito bruno, che attenua l’acidità tipica della bevanda.